Piccole e sparse pennellate di bianco
velano le tue dolci curve,
così verdi e così rigogliose,
di donna ferma nel freddo inverno.
Materna madre matrona,
dall'animo ambiguo
dei colori dell'autunno,
caldi e freddi e miti.
Il movimento non muove l'immagine,
ferma nel freddo, ma è un dipinto
di colori ad olio, incerti nel fissarsi,
confusi al tocco del pennellino.
Profumi di fabbrica, di carta e di inchiostro,
profumi di umido fresco, color della neve,
colore del muschio, color delle foglie,
di rami spogli e di sempreverdi imbiancati.
Profumi di caffè nel tepore della tazza,
di sapienza e di storie, di abitudini;
profumi di casa e di ricordi da cortile
e di lotte e di fare e di speranze.
Negli occhi grigioazzurri,
cinti di vecchiaia,
parole ricordano i calendari
e la forza dei tuoi semi.
Di piante che nate nutrite dai tuoi seni,
ora stanche nel loro operare,
fan pause d'inchiostro provinciale
e la rosa e le carte la sera.
Riposiamo anche noi,
quel tanto che basta, quel tanto che serve.
Riposammo anche noi
e tornammo ciascuno al proprio mestiere.
Ogni tanto guardandoti mi chiedo
quanto questa semenza sia degna
di dirsi futuro del tuo passato,
figlio delle tue membra.
Madre materna e matrona,
dall'abbraccio che è dolce, che è rosso,
dallo schiaffo che è duro, che è grigio.
Per qualche figlio tuo matrigna.
Ogni tanto guardandoti vedo
le cicatrici di figli maldestri
o malintenzionati e malevoli,
capaci di suggere fino all'ultima
goccia di latte e poi picchiarti
e lasciarti indelebili segni
che dalla pelle arrivano al cuore,
inquinando di male persino le lacrime.
Ogni tanto guardandoti vedo
i viali gentili e tappeti dorati e
le gialle pareti e un cielo così azzurro
che non posso che sorridere e piangere
ed amarti come s'ama una madre
e proteggerti come si protegge una madre
e ammirarti come si ammira una madre
e sperare di essere un meritevole figlio.
Andrea Longoni 26/11/2010